DIARIO – 2018.04.14
Notti così. Leggo, vedo, piango.
———————————-
SUCCESSE A GIAIRO
Siamo in Palestina, qualcosa come 1985 anni fa, ma potrebbe essere oggi.
In una città della Galilea il capo della sinagoga era allora, e sarebbe ancora oggi, ma un po’ meno, una stella di prima grandezza fra i notabili locali. La sinagoga: il centro pensante. Nella sinagoga si leggono le scritture, si interpretano, si dibattono, si prega. Il capo custodisce i preziosi rotoli contenenti la Torah, i profeti, si accerta del loro stato di conservazione, stabilisce quando sia giunto il momento di investire in una nuova copia, prima che quella attuale a quei tempi si sfarini, diventi illeggibile.
Andiamo a conoscerlo. Eccolo. Ha circa trent’anni. È lui che gestisce il traffico spirituale della comunità. A lui fanno capo i sacerdoti che si alternano al culto. Non ai sacrifici, perché quelli si presentano unicamente dove Dio dimora, vale a dire nel tempio di Gerusalemme. Egli è, religiosamente parlando, un capo della comunità. A lui ci si gira in cerca di certezze. Cafarnao, se si tratta di Cafarnao , perché il nome della città è controverso, diciamo che è Cafarnao, o comunque lì vicino, in Galilea, dunque questa città della nostra storia di oggi non è una città pagana come Tiberiade, fondata dai romani, abitata da gente affezionata a un olimpo politeistico, no, la nostra è una città fieramente giudea, popolata dunque da sadducei, scribi e dottori della legge, farisei, zeloti, esseni, gentili convertiti, giù fino agli anawim, i poveracci, il cosiddetto resto di Israele, ai quali vanno aggiunti, per completezza di cronaca, la soldataglia del re, la guarnigione romana (che però non ha basi fisse in Galilea), i viandanti, i carovanieri, gli stranieri, e via dicendo.
Il nostro uomo è Giairo, questo il suo nome. Lui conosce tutti per nome, in città da tutti è salutato. È un capo che conosce la sua città, i suoi concittadini, non solo quelli che contano, ma tutti. Sa chi sono ad esempio Pietro e Andrea, due pescatori del lago, così come i loro amici Giacomo e Giovanni. Questi ultimi li conoscono un po’ tutti, a causa del padre Zebedeo, ma soprattutto dell’arcigna moglie, che con i figli costituisce un bel terzetto di rompiballe.
Casa del capo della sinagoga. Albeggia.
– Giairo.
– Mmmmh …
– Giairo!
– Che c’è … Perché mi svegli.
– Tua figlia …
– Il mio tesoro! Che …
– …
– Non avrà di nuovo rubato i fichi di Mosè!
– No, Giairo.
– E dunque. Dimmi che altro ha combinato questa volta!
– Abbiamo già chiamato il medico …
Ecco la ragazzina, che chiameremo Miriam: ancora bimba per poco, la conosciamo adesso: dodici anni, magra, anche troppo, carnagione inusualmente chiara, naso della madre, occhi ladri del padre, luce dei suoi occhi, da questi abituata a non abbassare mai lo sguardo, neanche davanti a un forestiero. Miriam è in un bagno di brividi e sudore, neanche si avvede del padre che la osserva con apprensione.
Giairo si allontana di quel tanto per non farsi udire. Trova gli schiavi riuniti alla cisterna.
– Dove è andato il medico! Quando è iniziata la febbre!Perché non sono stato subito avvisato!
– Eri a Gerusalemme, padrone.
– Sei tornato stanotte.
– Ti abbiamo svegliato all’alba.
– Che dice quel ciarlatano del medico!
– …
– …
Il medico è categorico: è la stessa affezione che dieci giorni prima ha colpito il marito di Anna, la sacerdotessa cieca. Miriam non aveva seduto sulle sue ginocchia, prima che si ammalasse e morisse?
– Padre!
– Bambina mia!
– Continuo a tremare, padre.
– Passerà …
– …
Palestina, 1985 anni fa, anno più anno meno. Giairo ha un deja vu. Anche l’altra sua figlia, la sorella di Miriam, tremava allo stesso modo. La bambina non può ricordarsene, ma lui sì. E con lui la servitù. Quanti inverni sono passati? Miriam vedrà il prossimo?
Il giorno seguente, un sabato, sembra tutto passato.
– Padre, ieri stavo malissimo, ma oggi sto bene.
– Sì, respiro della mia vita …
– Non ho la stessa affezione del marito di Anna, vero?
– No, che dici. Lui era vecchio, aveva passato i quaranta. Tu …
Il medico sorride a metà. Appena può sguscia fuori, si assenta, va sulle colline, lontano, verso Nazarà. Torna con delle erbe. Le pesta, le bagna con olio. Somministra un intruglio a Miriam. La quale deglutisce, nuovamente si accascia in un sonno pesante e tranquillo, che durerà, il medico lo sa, solo fino alla crisi successiva.
Giairo non può esentarsi dall’andare in sinagoga. Lì, lascia fare gli aiutanti. Non c’è con la testa. Non è giusto. La sua unica figlia. La sua Miriam. Con la moglie si sono scambiati sguardi perduti. Prendesse lei, oppure lui stesso!
Qualcuno legge. Il faraone. Qualcosa su Davide. Antenato, del resto. Grande orgoglio questa discendenza. Che importa. A che serve, adesso.
Giairo ripensa allo scambio con il medico.
– Dimmi quello che mi devi dire.
– È come per sua sorella, illustre Giairo.
– Dunque non c’è speranza.
– Inizia a pregare. Tua figlia avrà crisi sempre più forti. Poi si addormenterà.
– Dio non può farmi questo!
A Miriam è stato consigliato di non uscire dalla stanza. Ora è con la madre: una ragazza ebrea di ventisei anni, che la coccola, abbracciandola da dietro, nel letto, la accarezza, le parla della primavera in arrivo, le passa i capelli sul lobo dell’orecchio, la pettina.
– Fammi bella!
– Sei sempre bella, tu!
– Stavolta è più importante.
– Perché.
– Devo essere bellissima per il mio funerale.
– Non parlare così!
– Stanotte ti ho sognato mamma. Eravamo sulla montagna, sopra la città e il lago. Correvamo. Io ti rincorrevo.
– …
– Non so se è un sogno o se quella gita è un ricordo, l’abbiamo fatta per davvero.
– È un ricordo, Miriam, ma che memoria hai tu! C’ero io, e Shemuel, e tuo padre. Non avevi tre anni!
– Mamma, nel sogno mi dicevi: non inseguire me, bambina mia! Corri, corri verso il sole, non fermarti Miriam, corri!
Alle prime luci del primo giorno dopo il sabato, la crisi arriva puntuale. Dura più di un’ora. Miriam trema incontrollabilmente, piange, la febbre altissima. Poi il male la lascia, fino al tempo convenuto. Miriam giace rassegnata, senza energie. Non c’è molto da fare: solo aspettare. Quello che le sta capitando non è un fatto inusuale. La vita la sta lasciando, come avrebbe potuto lasciarla quando cadde nel vascone, a cinque anni, o come sono stati presi e portati nella tomba diversi bambini, o come frequentemente muoiono le donne, di parto. Allora come adesso, circa 1985 anni dopo, nel 2018, il Signore dà, il Signore prende, e comunque se ne benedice il nome.
– Medico! Prova qualche altra medicina!
– Le ho provate già tutte, illustre Giairo!
– Mia figlia … preferisco morire io, ma che viva lei!
– Lo so. Ma non decidiamo noi.
– …
– Coraggio. È questione di un giorno, due al massimo.
Giairo è una fiera in gabbia. Sono giorni terribili. Lui, uomo retto, abituato al comando, non capisce come possa… come una situazione possa uscire dal suo controllo, dalla sua giurisdizione. Nella sua testa, la sua posizione … la sua posizione, è la conferma del favore di Dio, garanzia di un sole che sorge, benigno, perfetto, sulla sua casa, ogni mattina. Che male può aver fatto per meritarsi questo.
Terzo giorno. La bambina ha dolori, respira piano, si assopisce. Il padre, emaciato, provato, non l’ha lasciata un momento. Giairo non è una canna al vento. Ha conosciuto, superato, altre situazioni difficili. Proprio per questo, non ha immaginato di ridursi così. Il cielo sembra essersi chiuso alla sua urgente preghiera. Tutto si chiude. Cresce in Giairo la disperazione.
– Giairo! Oh Giairo!
– Che volete?
– Ci autorizzi a aprire la sinagoga?
Un gruppetto. Facce abituali, tranne una.
– Oggi! Mancano tre giorni al sabato!
– Ne mancano due, Giairo. Che ti succede. Non sai che giorno è?
– Lascia perdere.
– …
– Perché volete aprire?
– Sta tornando in città quel matto, sai quello che si è circondato di poveri pescatori.
– Ah sì, Pietro, Giacomo, e i fratellini. Li conosco da quando erano bambini!
– Che gli serve la sinagoga?
– Gli scribi vogliono interrogarlo. Meglio lì che per strada. Se mente, Dio lo ascolterà e lo punirà!
– Va bene. Fate voi.
– …
– …
– …
– C’è altro ?
– Figurati che è arrivato un racconto… un po’ strong, su questo “profeta”.
– Attento a chiamare qualcuno profeta! I profeti sono messaggeri di Dio.
– … non volevamo …
– Ho capito! Non fatemi perdere tempo, che ho problemi miei. Questo qua, a parte eccitare la plebe, che messaggio porta?
– Messaggio … non sappiamo dirti di un messaggio, però, hai presente quel matto di un indemoniato che vive dall’altra parte del lago …
– Quello che attacca tutti?
– Proprio lui!
– Quello che urla sempre, sfugge alle catene, si batte con pietre, va in giro nudo come un animale?
– Esattamente.
– Allora? Che ha fatto? Ha attaccato briga con il supposto profeta?
Parla la faccia nuova. Giairo apprende il fatto, per quello che si dice. In seguito a un incontro con il … ehm, profeta, l’indemoniato è, o sarebbe guarito, si è, o sarebbe, rivestito, si è fatto lavare e rasare, è diventato una persona normale.
– Come ha fatto?
– Come ha fatto, è la parte forte del racconto.
– Ditemi. Sbrigatevi!
– Prima, ha interrogato il demònio …
– Maddai! Ma chi ci crede più a queste storie di demòni.
– … poi ha ordinato ai demòni, che non erano uno ma molti, di lasciare il matto, e trasferirsi in un branco di porci
– Figurati!
– … infine, il matto è rimasto al suolo, mentre i porci hanno iniziato a correre come degli ossessi, maschi e femmine, incluse le scrofe prossime a dare luce … sono saltati tutti, dalle rocce, sai quelle ripide, sfracellandosi e annegando nel mare!
– …
– Una sessantina di bestie, impazzite.
– …
– Sangue dappertutto sulla scogliera.
– Tutte morte?
– Tutte!
– Molto, molto strano!
– …
– …
– Il matto ora sta bene, più che bene. Nuova vita! Ho visto peggio che la morte. È stata una guarigione da brividi.
– Hai detto ho visto? Dove sta il matto adesso?
– È qui davanti a te, che ti sta parlando.
Giairo avverte un colpo, dentro, come di un’arteria che esplode.
– Tu …
– Guardami, illustre Giairo. Mi conosci.
– Sei pulito…
– Pulito, pettinato, soprattutto vestito!
– …
– Qualche giorno fa eri di rientro da fuori …
– … da Gerusalemme…
– Non importa da dove. Ti ho lanciato pietre. Ti ho rincorso. Ho maledetto sette volte il tuo nome!
– Tu!
Lo chiamano da dentro casa. Deve interrompere.
– Sta andando. Mi dispiace.
– No! No!
Giairo si getta sul corpo inerme, che non risponde. La carezza, disperatamente. Le ascolta il battito. Ancora si sente.
– Illustre Giairo, sono arrivati i flautisti, le lamentatrici.
– Tutto è pronto.
– Coraggio!
– No! No!!! Mia figlia!!!!
– …
– …
– È quasi andata. Vedi? Le sta tornando il viso da bambina.
– Mia … figlia … no … no no no no no …
Ci si prepara a dare il via ai lamenti. Le donne di famiglia. Le professioniste. È una morte importante. Sarà un funerale solenne.
– Vieni via, Giairo. Lasciala con la madre. Le donne la laveranno, la profumeranno, la vestiranno come una dea.
Giairo non ascolta più. Esce. Cammina per le strade. Oggi a Cafarnao il capo della sinagoga dà spettacolo: piangendo, senza pudore né freni.
Gesù casualmente si trova sulla stessa strada. È diretto alla sinagoga. Cammina, attorniato da un’ala di folla. Deve esser passato da casa, a cambiarsi, perché è vestito meglio del solito, da rabbino, da sinagoga, con le frange e tutto. Accanto a lui i Figli del Tuono, e altri.
– Giairo!
– Oh Giacomo, Giovanni …
– Che hai?
Giairo e i pescatori. Giairo incontra Gesù.
– Mia figlia …
– Che ha tua figlia, Giairo?
– Mi conosci?
– Chi non ti conosce!, – dice Gesù.
– …
– (Quest’uomo ha un problema)
– (Guarda come è conciato)
– Che ha Miriam?
– Sta morendo …
– (Miriam, come potrei sbagliarmi! Non è quella che si arrampicava, appena giorni fa, sull’albero della piazza, per sentirmi bene?)
– … salvala, per favore salvala!!!
– (Miriam … Non farmi questo, Padre. Non lei. Padre. La vedo bene. La seconda volta mi ha portato fichi d’india freschi, sbucciati!).
– Maestro …
È Giairo quello che implora? Che chiama Gesù Maestro? È il capo della sinagoga, colui che oggi nega una vita di certezze religiose, pregando un uomo, che non è Dio, per sua figlia?
– (Poveraccio! Pregherebbe Satana in persona, per strapparla alla morte. Giairo …).
– Giairo.
– …
– Ascoltami.
Gesù ha parlato piano. Sembra sinceramente dispiaciuto. La folla tende l’udito.
– Salvala, ti scongiuro! Ho visto il matto che hai guarito! So che puoi farlo!
– (Padre, che facciamo?).
– …
– (Sì. Mi è molto cara, Padre!)
– Maestro, che vuoi fare?
– Ma sì … Mi togli un peso! …………. Grazie per avermi ascoltato, Padre!).
– Tua figlia non morrà. Andiamo da lei. Adesso.
Giairo non è certo di quello che le sue orecchie hanno trattenuto.
– “Tua figlia non morrà”.
Gesù e Giairo. Due uomini uniti dall’agonia di una ragazzina. Entrambi la vogliono salvare. Giairo è comprensibile, ma l’altro, perché? Chi è la ragazzina per lui, o lui per lei? Quale uomo importante, convocato dai notabili di un’intera città, cambierebbe strada, per una ragazzina che ha visto due volte, un essere umano fra tanti, una già condannata dal destino? Quale rischierebbe, quale si metterebbe in una situazione imbarazzante, in casa di una moribonda già più di là che di qua?
– Muoviamoci.
– Di qua si taglia.
C’è calca. Gesù ne ha combinate troppe. È strafamoso. La gente gli parla, protende bambini, si butta addosso. Un papa ante litteram in visita a San Paolo.
Procedono con difficoltà verso la casa del capo della sinagoga: fra voci, invocazioni, tentativi di attaccare un discorso, spinte. Gesù è proiettato su Giairo. Qualcosa però dirotta la sua attenzione.
– Fermi un momento. Chi è stato?
– A fare che, Maestro?
– Le frange. Qualcuno ha toccato le frange del mio vestito.
– Le frange del … Ci spingono da tutte le parti, Maestro, chi vuoi che …
– Fidati di me, Pietro, figlio di Giona.
– …
– Credimi. Ho sentito una energia uscire da me.
Giairo non capisce. Miriam sta morendo. Si sta perdendo tempo. Pietro squadra il capo. Quando fa così, bisogna assecondarlo.
– Allora? Venga avanti chi ha toccato il Maestro!
La folla è ammutolita. Che succederà? Guai in vista. Chi è più avanti cerca di arretrare.
Da un lato, ecco una donna portarsi timidamente avanti.
– Eccoti qua!
La donna è praticamente terrorizzata.
– Mettiti al centro, e spiega tutto.
– Io …
– Sì?
– Ho fatto una cosa vietata … mi chiamo così e cosi …
– Fatti sentire bene. Parla forte, tesoro!
– Ho perdite di sangue …
– …
– … da dodici anni …
Il sangue. Per gli ebrei perdere sangue è perdere vita, morire.
– Gesù, è una impura!, – sussurra uno scriba, con mesta riprovazione.
– Taci, tu!
– …
– Lasciatela parlare!
– … non avrei dovuto mischiarmi alla folla, non nel mio stato …
– Già … Però l’hai fatto!
– Non ce la facevo più! Avevo dei beni, ho speso tutto quello che avevo per curarmi. I medici …
– Ti hanno guarita?
– Ma va! Anzi, sono andata peggiorando…
– Continua!
– Ti ho visto passare … delle guarigioni che fai ne parlano tutti, non si parla d’altro!
– E?
– Perdonami! Perdonatemi tutti!
– Dì quello che hai fatto, e perché.
– Mi sono messa anch’io a seguirti, come tutti … sentivo che se solo … se solo avessi potuto arrivare a toccare…
– … una delle mie frange…
– Sì, il tuo mantello, le frange, la tua ombra, qualunque cosa…
– Allora?
– Allora … allora sarei guarita!
– Già. È andata così.
– È successo, Gesù. Ho sentito di essere guarita. Sono stata guarita!
– Bene! Sai che?
– Ora mi punirai.
– Per aver creduto in me? No, al contrario. Sei salva. Sei stata salvata. Ringrazia la tua fede.
– Non mi punisci?
– No. Sono felice per te. Non diciamolo troppo forte, ma per questo sono venuto.
– …
– Sono venuto per chi mi vuole bene, come hai fatto tu.
– …
– (Grazie per come mi hai toccato, figliola).
Stanno ancora parlando, quando dalle spalle qualcuno chiama Giairo, che si volta.
– Tua figlia è morta. È troppo tardi.
Ironia macabra. Una donna ha ucciso una ragazzina.
– No!
– Giairo, sii ragionevole … così ha voluto Dio. Vuoi metterti contro Dio?
– No!!
– Lascia in pace il Maestro. È morta, ti diciamo!
– Io … Gesù!
– Tranquillo, Giairo.
– Perché importuni ancora il Maestro?
Gli amici più stretti sanno quando Gesù si sta arrabbiando.
– No, un attimo. Qui se c’è qualcuno che importuna, siete tu e tu. Ora ci lasciate andare dalla bambina, senza venirci dietro, è chiaro?
Gesù e Giairo. Due uomini di fretta. Arrivano nella corte. Nell’aria fumo di melodie mortuarie.
– Smettete i canti – dice Gesù.
– Non possiamo. È morta la figlia di Giairo.
– Non è morta.
– ?
– La ragazza dorme.
– Ah sì.
– È viva.
– Te sei tutto scemo!
– …
– Ragazzi, c’è qui un cretino che sostiene che la bambina non è morta (risate).
Chi pensa che Gesù sia sempre calmo e buono, dovrebbe ogni tanto andare su YouTube e rivedere questa scena.
– Voi! Tutti! Fuori di qui! Fuori!!!
– Che …
Gesù è una furia.
– Fuori dalle balle! Restino solo Giairo e la madre, e due dei miei uomini!
(Meglio non discutere. Chissicrede. Pagliaccio. Dorme … seeh! Dai, stiamo qua fuori, vediamo come finisce).
– Gesù …
– Abbi fiducia in me, Giairo.
– …
– Andiamo da lei.
Interno di una antica famiglia ebraica, in lutto. La morta giace su un giaciglio di fiori. Che sia morta, lo capirebbe chiunque.
– Ragazzina! Ehi. Ragazzina!
– …
– Alzati, ragazzina!
{Per chi fosse interessato, l’originale della storia di Giairo è molto meglio di questa libera interpretazione: Evangelo di Luca, cap. 8, frasi numerate da 40 a 56. Evangelo di Matteo, cap. 9, frasi numerate da 18 a 26, Evangelo di Marco, cap. 5, frasi numerate da 21 a 43. Per la massima soddisfazione è consigliabile leggere questi vangeli dal cap. 1}.
———————————-
Janusz Gawronski, dall’isola della Gonave, Haiti